• Dott. Cristian Massi

Gli ammortizzatori sociali spettano anche ai lavoratori intermittenti?

L’emergenza nazionale dovuta ai contagi da Covid-19, da come emerge negli ultimi periodi, non è solo una problematica che ha minato il Sistema Sanitario Nazionale, ma anche il mercato del lavoro, creando problematiche dal punto di vista occupazionale.

Viste le chiusure forzate di molte aziende, il Governo sta cercando di offrire le massime tutele per tutti quei lavoratori che ne sono rimasti coinvolti, grazie al Decreto-Legge 2 marzo 2020 n. 9 e il Decreto-Legge 17 marzo 2020, n. 18, cd. Cura Italia.

Tra le tante, sono stati posti in essere una serie di interventi di integrazione salariale a beneficio di quei lavoratori che rappresentano l’elemento cardine per la ripartenza futura dell’Italia.

Tra le molteplici tipologie contrattuali beneficiarie di ammortizzatori sociali, ce ne sono alcune che tutt’oggi rimangono ai margini delle tutele individuate.

Stiamo parlando dei lavoratori intermittenti, cd. lavoratori a chiamata.

Ma entriamo nello specifico, i lavoratori intermittenti possono beneficiare degli ammortizzatori sociali previsti per l’emergenza Covid-19?

In primis è bene specificare che ai sensi dell’art. 13, comma 4, D. Lgs. 81/2015, il contratto di lavoro intermittente si caratterizza per il fatto che nei periodi di fermo il lavoratore non matura alcun trattamento economico o normativo.

La Circolare INPS del 13 marzo 2006, n. 41 ha definito che:

“Le integrazioni salariali servono ad integrare o sostituire una perdita di retribuzione effettiva, pertanto bisogna distinguere due ipotesi:

  1. Il lavoratore ha risposto alla chiamata prima del verificarsi della causa per cui sono state richieste le integrazioni salariali: essendo iniziato un rapporto di lavoro a tempo determinato, la retribuzione persa in conseguenza della riduzione o sospensione del lavoro può essere integrata.
  2. La causa di riduzione o sospensione dell’attività lavorativa si verifica prima che il lavoratore venga chiamato o risponda ad una chiamata: non esiste in questo caso una retribuzione persa da integrare”.

Di recente l’INPS è tornata sulla questione e con la Circolare del 28 marzo 2020, n. 47, ha chiarito come “l’accesso dei lavoratori intermittenti al trattamento in deroga è riconosciuto ai sensi della circolare INPS n. 41 del 2006 e nei limiti delle giornate di lavoro effettuate in base alla media dei 12 mesi precedenti”.

In virtù di ciò, il riconoscimento dell’integrazione salariale a favore di lavoratori intermittenti è ammesso nel caso in cui gli stessi siano stati “chiamati” ma abbiano dovuto sospendere la propria prestazione lavorativa a causa del blocco delle attività imprenditoriali.

In tal caso l’integrazione salariale da corrispondere sarà garantita nel limite delle giornate di lavoro effettuate nei 12 mesi precedenti la sospensione.

L’altro lato della medaglia non sembra riconoscere l’integrazione salariale nel caso in cui la causa di riduzione o sospensione dell’attività lavorativa si verifichi prima che il lavoratore venga chiamato o risponda ad una chiamata.

Per concludere, è fondamentale valutare la fattispecie di contratti intermittenti a favore dei quali sia prevista la corresponsione di un’indennità a chiamata.

Sembrerebbe ammissibile, a favore di questi lavoratori, il riconoscimento delle integrazioni salariali, poiché durante il periodo di fermo è dovuta l’indennità quale elemento retributivo da assoggettare a ritenuta fiscale e contribuzione.

Per contro, potrebbe essere obiettato che tale elemento non ha natura “retributiva” ma solo “indennitaria” a fronte di un periodo di non lavoro.

Dott. Cristian Massi

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